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Voyager 1, la Nasa rivisita la celebre foto della Terra “Pale Blue Dot". FOTO
Il 14 febbraio del 1990 la sonda scattava l’iconica immagine che ritrae la Terra, distante sei miliardi di chilometri, come un pallido puntino blu per “mostrare all’umanità la vulnerabilità del nostro pianeta”. Dopo 30 anni, la Nasa ha rivisitato la foto
Un pallido puntino blu (Pale Blue Dot) visto dallo spazio. Così, esattamente 30 anni fa, veniva descritta la foto della Terra ottenuta dalla sonda Voyager 1, che detiene insieme alla “gemella” Voyager 2 il record di oggetto costruito dall’uomo più distante nel Sistema Solare. Per celebrare il trentesimo anniversario dell’immagine catturata il 14 febbraio del 1990 la Nasa ne ha rilasciato una versione rivisitata , creata grazie ai più moderni software e tecniche di lavorazione delle immagini, senza però alterare le principali caratteristiche della foto originale.
Perché Voyager 1 ha scattato Pale Blue Dot
Il viaggio di Voyager 1 cominciò il 5 settembre 1977: neanche 13 anni dopo, il 14 febbraio 1990, la sonda si trovava a circa sei miliardi di chilometri dalla Terra, puntando decisa verso lo spazio interstellare che avrebbe raggiunto solo nel 2013. In quel giorno di San Valentino, l’astronomo e divulgatore Carl Sagan provò a realizzare l’idea avuta già nel 1981, ovvero quella di catturare la Terra da una distanza siderale. Lo scopo, come spiega la Nasa , era quello “di mostrare all’umanità la vulnerabilità del nostro pianeta, che è soltanto un piccolissimo e fragile puntino nell’oceano cosmico”. Così, il 13 febbraio Voyager 1 cominciò a “riscaldare” le proprie telecamere per circa tre ore, prima di cominciare a scattare una serie di foto partendo da Nettuno per poi proseguire con Urano, Saturno, Marte, il Sole, Giove, la Terra e Venere, completando così “l’album di famiglia del Sistema Solare".
Nasa, l’immagine della Terra rivisitata
La foto che ritrae la Terra come un pallido puntino blu fu scattata esattamente alle 5.48 del 14 febbraio, 34 minuti prima che le telecamere di Voyager 1 venissero spente per sempre, come fa notare la Nasa. In questa foto iconica la Terra risulta appena visibile, occupando meno di un pixel, ed è dispersa nell’immensità dello spazio e illuminata da un raggio di luce solare. Il Sole si trova nella direzione che corrisponde alla parte inferiore dell’immagine, che infatti risulta più luminosa.
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Ha 30 anni il 'Puntino blu pallido' fotografato dal Voyager 1
Restaurata l'ultima immagine della terra inviata dalla sonda. era il 14 febbraio 1990. l'immagine è parte dell''album di famiglia del sistema solare'..
Compie trent'anni la foto del 'Puntino blu pallido', l'ultima immagine della Terra catturata dalla sonda Voyager 1 il 14 febbraio 1990. Per l'occasione, il Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa l'ha restaurata con moderni programmi di trattamento delle immagini, mantenendone l'aspetto originale. La foto è stata scattata quando la sonda si trovava a circa sei miliardi di chilometri di distanza. Nasce da un'idea del celebre astronomo e divulgatore americano, Carl Sagan, che scelse di girare la fotocamera della Voyager in cerca della Terra. Nella foto il pianeta appare come un singolo puntino luminoso blu pallido, sperduto nell'immensità dello spazio. La Terra è, inoltre, immersa in un raggio di luce solare, disperso dalla fotocamera della Voyager 1. La foto fa parte di una serie di 60 scatti, che formano quello che la Nasa definisce "l'album di famiglia del Sistema Solare", con foto del Sole e di sei pianeti.
La sonda Voyager 1 è stata lanciata il 5 settembre 1977, 16 giorni dopo la sua gemella, la Voyager 2. Entrambe hanno superato le colonne d'Ercole del Sistema Solare entrando nello spazio interstellare, quell'invisibile confine dove il vento di particelle proveniente dal Sole incontra il vento interstellare. La Voyager 1 l'ha varcato nel settembre 2013, seguita cinque anni dopo dalla Voyager 2, nel novembre 2018. In quasi 43 anni, le due sonde hanno migliorato le nostre conoscenze del Sistema Solare, soprattutto dei suoi confini. A bordo delle Voyager si trova, inoltre, un messaggio in bottiglia cosmico destinato a eventuali civiltà extraterrestri: un disco d'oro con suoni e immagini della vita sulla Terra.
“Look again at that dot. That's here. That's home. That's us.” — Carl Sagan A newly processed version of the iconic ‘Pale Blue Dot’ image shows Earth 4 billion miles away from @NASAVoyager . Learn more: https://t.co/xU9HhrK4xa Print the poster: https://t.co/HShxS2673m pic.twitter.com/Ua21xDoJZc — NASA (@NASA) February 12, 2020
martedì, 05 marzo 2024 09:02
Trent’anni fa la Terra vista dal Voyager
Ecco la versione aggiornata dell’iconica immagine della Terra “Pale Blue Dot” scattata dalla navicella spaziale Voyager 1. Questa è l’immagine presa dal più punto più lontano dalla Terra: 6 miliardi di chilometri. Il trentennale ha offerto alla Nasa l’occasione per farla rielaborare dai moderni software di imaging.
Un pallido puntino blu. Minuscolo. Così l’ultima immagine della Terra catturata dalla sonda Voyager 1 il 14 febbraio 1990. Ora quella foto – denominata Pale Blue Dot – compie 30 anni e per l’occasione, il Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa l’ha restaurata con moderni programmi di trattamento delle immagini, mantenendone l’aspetto originale. La foto è stata scattata quando la sonda si trovava a circa sei miliardi di chilometri di distanza. Nasce da un’idea del celebre astronomo e divulgatore americano, Carl Sagan, che scelse di girare la fotocamera della Voyager in cerca della Terra.
Nella foto il pianeta appare come un singolo puntino luminoso blu pallido, sperduto nell’immensità dello spazio. La Terra è, inoltre, immersa in un raggio di luce solare, disperso dalla fotocamera della Voyager 1. La foto fa parte di una serie di 60 scatti, che formano quello che la Nasa definisce “l’album di famiglia del Sistema Solare”, con foto del Sole e di sei pianeti.
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Di redazione.
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Cosa sta succedendo alla sonda Voyager 1?
Illustrazione artistica di una delle due sonde Voyager che entra nello spazio interstellare. Credits: NASA/JPL-Caltech
Il sistema di controllo d’assetto (Attitude and Articulation Control Subsystem – AACS) sta inviando alle stazioni di terra dati che al momento paiono assolutamente insensati. L’AACS controlla l’orientazione dello spacecraft nello spazio con successo da 45 anni; fa in modo cioè che tutti gli strumenti siano puntati adeguatamente. In particolare l’antenna, che deve essere sempre disposta in modo che il lobo principale dell’emissione di potenza elettromagnetica sia verso la Terra per poter comunicare.
In altre parole, se i dati ricevuti e generati attualmente dall’AACS fossero veramente la descrizione della posizione della sonda, allora non saremmo stati in grado di riceverli o avremmo ricevuto un segnale perlomeno più flebile. Inoltre, nessun sistema sembra essere entrato in “safe-mode”, una sorta d’ibernazione in caso di emergenza.
Il funzionamento dell’AACS
L’AACS di Voyager funziona secondo il criterio della stabilizzazione su tre assi: l’orientazione della sonda è di fatto fissa nello spazio rispetto ad alcuni riferimenti esterni. Per Voyager i riferimenti sono il Sole e un set di stelle “fisse”, così definite perché sono abbastanza lontane da rendere il moto relativo rispetto al sistema solare piccolo o trascurabile.
Conoscendo quindi la posizione di Sole e stelle, il computer dell’AACS è in grado di ricavare la posizione della Voyager e l’angolazione di ogni suo strumento, tra cui appunto l’antenna per comunicare. In caso di errore, quindi, viene dato comando ai propulsori di idrazina (16 nominali più 8 di backup) di sparare per riallineare gli strumenti.
Il JPL si è impegnato nello sviluppo della tecnologia di controllo a tre assi sin dal 1959; tuttavia il vero sviluppo, dopo gli esperimenti dei set di spacecraft Mariner e Viking, avvenne con le due missioni Voyager. Nel 1975, con i grossissimi tagli al budget della NASA, si dovevano trovare delle soluzioni economiche ed efficienti per problemi già più complessi di quelli del passato. Infatti, rispetto alle sonde precedenti, Voyager presenta una rigidezza strutturale molto minore.
La forma delicata delle Voyager
Gli RTG alimentati a Plutonio per la produzione di energia elettrica, sono montati su bracci esterne alla struttura principale per evitare perdite radioattive vicino agli strumenti scientifici. Inoltre, anche il magnetometro è posizionato lontano dal corpo principale, per evitare interferenze con i campi magnetici generati artificialmente dagli strumenti della sonda.
Infine, pure la piattaforma di scanning e acquisizione immagini era fissata così, per avere un migliore campo di vista. Durante le manovre, queste bracci estese si flettono leggermente, causando uno stress di ritorno che rende i requisiti dell’AACS molto più stringenti in fase di manovra rispetto alla fase di crociera. In particolare, l’AACS deve gestire, contemporaneamente, la manovra e i disturbi causati dalla manovra stessa.
Fu per questo motivo che vennero aggiunti dei propulsori di backup al solo scopo di resistere alle manovre durante l’incontro con i pianeti (Giove, Saturno e Titano). Si può dire davvero che il JPL lavorò a regola d’arte visto che i propulsori di backup vennero rimessi in uso nel 2017 per il deterioramento di quelli nominali e funzionarono senza problemi dopo 37 anni d’inutilizzo ed esposizione all’ambiente spaziale.
Il computer di bordo
L’AACS ha continuato a funzionare perfettamente per 45 anni grazie al suo computer di controllo HYPACE, vecchio anch’esso di 45 anni. HYPACE sta per Hybrid Programmable Attitude Control Electronics ed è formato da uno dei primi circuiti digitali mai costruiti, associato a un classico circuito analogico; è costituito dalla stessa scheda 4K-28bit del Viking Orbiter unito a una logica transistor-transistor (TTL) di circuiti integrati per creare un processore con cicli di 28 microsecondi (10 MHz), in grado di compiere quindi un milione di cicli (operazioni/calcoli) al secondo.
Voyager fu la prima sonda a raggiungere questa capacità di calcolo e il suo funzionamento prolungato è ulteriore prova della validità di questo sistema. Un altro motivo della lunga vita di questa sonda è l’alta ridondanza, sia a livello di hardware che a livello di software.
– Potrebbe interessarti anche questo: In viaggio fra le Lune del sistema solare. Le principali scoperte delle sonde Voyager
Un primo motivo per cui è così difficile trovare una risposta alle recenti anomalie misteriose del AACS è proprio la nostra ignoranza riguardo all’ambiente in cui sta volando la Voyager: ogni secondo che passa, allarga di 16 km la nostra conoscenza dello spazio. In questo momento, infatti, Voyager si trova nello spazio interstellare oltre il limite chiamato “Termination shock”, superato nel 2004, cioè dove le particelle del vento solare raggiungono una velocità subsonica, e oltre il limite dell’eliopausa, superato nel 2012, cioè la zona dove il vento solare viene completamente fermato dal mezzo interstellare, bilanciandolo a livello di pressione. Il mezzo interstellare è il termine con cui si intende il materiale rarefatto costituito da gas e polvere che si trova tra le stelle.
Lo spazio interstellare
Lo spazio interstellare, infatti, oltre che sconosciuto, è un ambiente estremamente radioattivo che chiaramente mette a dura prova hardware (con l’abbattimento delle proprietà termo-ottiche) e software. In particolare, una radiazione molto energetica, quando investe un componente elettronico, all’interno del satellite, può provocare un cosiddetto bitflip: il cambio, in un codice binario di uno 0 in 1 o viceversa, creando problemi imprevedibili.
Un secondo motivo che rende difficile scoprire il motivo dell’errore è il ritardo di comunicazione di 20 ore e mezza. Vengono cioè richiesti circa due giorni per inviare un messaggio e ricevere una risposta. Considerando tutto ciò comunque, Suzanne Dodd, project manager per Voyager 1 e 2 al JPL, rimane positiva:
Le sonde hanno entrambe 45 anni, molto oltre i loro piani originari. […]. Ci sono delle sfide enormi per il team d’ingegneri, ma penso che se c’è un modo per risolvere il problema con l’AACS, lo troveranno.
Infatti è cosa assolutamente notevole pensare che ci sono ancora ingegneri estremamente specializzati nel funzionamento di software e hardware concepiti quasi 50 anni fa e che permettono il proseguire di queste missioni estreme.
Gli RTG di Voyager 1 forniranno potenza sufficiente fino al 2025, quando avrà raggiunto i 25 miliardi di chilometri di distanza, sperabilmente inviando dati utili fino a quella data nella quale dovrebbe raggiungere il muro d’idrogeno prima del bow shock. Poi, circa nel 2042, quando certamente non sarà più funzionante, raggiungerà il bow shock.
Questa è la zona dove il mezzo interstellare diventa subsonico, in un effetto simile al vento solare che si schianta sulla magnetosfera terrestre. Fra 30000 anni, Voyager 1 uscirà completamente dalla Nube di Oort ed entrerà nel campo di attrazione gravitazionale di un’altra stella. Infine, tra 38000 anni porterà il suo disco d’oro a circa 1.7 anni luce dalla stella Gliese 445 nella costellazione della Giraffa.
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18 dicembre 2023, 18:05
Benedetta Bianco
Rappresentazione artistica della sonda Voyager 1 nello spazio interstellare (fonte: Caltech/NASA-JPL) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La sonda Voyager 1 della Nasa, l’oggetto più lontano dalla Terra che sia mai stato costruito dall’uomo, sta dando letteralmente i numeri: invia segnali privi di senso, miscugli ripetitivi di 0 e 1, le due cifre normalmente utilizzate in informatica per codificare i dati. Gli scienziati della Nasa stanno cercando di risolvere il guasto, ma non è un compito facile: la sonda si trova a 24 miliardi di chilometri di distanza e i messaggi impiegano circa 22,5 ore per raggiungerla. Ciò significa che ci vorranno giorni per sapere se i tentativi di ripristinare i computer, vecchi di quasi 50 anni, sono andati a buon fine. Non è la prima volta che Voyager 1 invia segnali distorti: nel 2022 un computer di bordo rotto ha causato un problema simile e gli ingegneri hanno impiegato mesi per risolvere il problema. In questo caso, invece, il guasto sembra essere dovuto all’interruzione delle comunicazioni tra due computer. Gli esperti Nasa stanno ora esaminando documenti vecchi di decenni sul funzionamento della sonda e dei suoi sistemi, che utilizzano una tecnologia ormai obsoleta e quasi dimenticata. Per fare un paragone, uno smartphone di oggi può processare più di 100 miliardi di istruzioni al secondo, mentre i computer di Voyager 1 possono gestirne solo circa 8.000 al secondo. Se i tecnici riusciranno a riparare il guasto, la speranza è che Voyager 1 possa proseguire la sua attività almeno fino al suo 50esimo compleanno, nel 2027. Ma, in ogni caso, la sonda è destinata a spegnersi presto: una volta superata la Nube di Oort, una nube di comete posta ai limiti più esterni del Sistema Solare, a 2.400 volte la distanza tra il Sole e Plutone, i suoi sistemi esauriranno l’energia che li alimenta. È stato perfino suggerito di inviare un ultimo messaggio alla Voyager, prima che il suo sistema di comunicazione si guasti definitivamente: le parole potrebbero così essere conservate per millenni, codificate nella memoria dei computer di bordo mentre la sonda va alla deriva.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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Voyager 1, la sonda più lontana dalla Terra, ha un problema con un computer di bordo
La sonda più lontana dalla Terra , Voyager 1, rappresenta una delle poche "navi spaziali" ad aver attraversato i pianeti esterni del sistema solare e oltrepassato i suoi confini. Al momento, affronta un serio problema al "Flight Data System" (FDS), uno dei tre computer di bordo.
Questo sistema è vitale per la ricezione e l'esecuzione dei comandi terrestri, ma attualmente incontra difficoltà nella comunicazione con una delle sue unità, la "Telecommunications Unit" (TMU).
Il problema della Voyager 1 impedisce di trasmettere dati verso la Terra
Questa disfunzione impedisce il trasferimento dei dati scientifici e ingegneristici verso la Terra. L'FDS raccoglie dati dagli strumenti scientifici e sullo stato della sonda, combinandoli in un pacchetto dati trasmesso tramite la TMU, utilizzando il codice binario.
Recentemente, la TMU ha iniziato a trasmettere un modello ripetitivo di codice binario, indicando un malfunzionamento. Dopo avere escluso altre cause, i tecnici hanno identificato l'FDS come la fonte del problema. Nonostante un tentativo di riavvio, la sonda continua a non trasmettere dati utili. Il team prevede diverse settimane per sviluppare una soluzione.
Lanciate nel 1977, Voyager 1 e la gemella Voyager 2, detengono il primato come le sonde spaziali più longeve. Affrontare queste sfide richiede spesso la consultazione di documenti storici, richiedendo tempo per capire l'impatto dei comandi attuali sul funzionamento della sonda.
I comandi inviati dal centro di controllo terrestre impiegano 22,5 ore per raggiungere Voyager 1, situata a oltre 24 miliardi di chilometri dalla Terra. Questo implica un'attesa di 45 ore (calcolando il tempo di andata e ritorno dei segnali) per valutare l'effetto di un comando ricevuto sulla sonda.
Foto: © ESA/NASA/JPL/University of Arizona
I super venti di Titano Durante la discesa la sonda Huygens è stata spostata dai venti di 165,8 km rispetto alla superficie di Titano. Colpa di un'atmosfera turbolenta, con venti fortissimi che hanno confermato una tesi degli scienziati, quella della "super rotazione" di Titano, ovvero il fatto che l'atmosfera della luna si muove più velocemente della sua superficie. Ma c'è di più: in quota i venti sono "progradi" (cioè che si muovono nella stessa direzione della rotazione della luna) e tendono a diminuire verso la superficie. Negli strati superiori dell'atmosfera, a 120 km di altitudine, soffiano a 120 m/s (430 km/h). Durante la discesa Huygens ha registrato venti a 108 km/h a 55 km di altezza in diminuzione fino a 36 km/h a 30 km di altezza e 14 km/h a 20 km di altezza. A un certo punto i venti sono cessati per poi invertire il moto a 7 km di quota, dando vita a un movimento in direzione opposta negli ultimi 15 minuti di discesa.
Il mistero sull'origine del metano. Due delle principali domande aperte su Titano riguardano l'origine del metano presente nella sua atmosfera, e la persistenza di esso (dal momento che la luce del Sole periodicamente distrugge le emissioni di metano). Nella sua discesa su Titano, Huygens ha registrato un progressivo incremento del gas cresciuto del 40% dopo l'atterraggio. Ulteriori analisi hanno chiarito che il metano non proviene da microrganismi superficiali ma, forse, da riserve liquide situate sotto la superficie ghiacciata del satellite, che raggiungono l'esterno tramite qualche forma di criovulcanismo. Nell'immagine, come potrebbero essere le riserve sotterranee di idrocarburi
Foto: © ESA/ATG medialab
L'origine dell’atmosfera di azoto. La Terra e Titano sono gli unici due oggetti del nostro Sistema Solare ad avere un'atmosfera di azoto. La scoperta non è recente: anche la sonda Voyager aveva registrato la presenza di azoto. Ma grazie agli strumenti a bordo di Hugens è stato possibile averne la conferma diretta. Ma i dati raccolti dalla sonda europea sono stati fondamentali per capire quale può essere l'origine dell'azoto dell’atmosfera di Titano: potrebbe essere stato prodotto da violenti impatti meteoritici che hanno sciolto il ghiaccio di ammoniaca in superficie, circa quattro miliardi di anni fa. Terra e Titano: trova le differenze Nell'immagine, come cambia Titano al variare delle stagioni.
Foto: © ESA/NASA
Decadimento radioattivo e criovulcanismo. Lo spettrometro di massa di Huygens ha scovato tracce di Argon radiogenico sotto i 18 km di quota. Questo gas ha origine unicamente dal decadimento del potassio-40, un isotopo radioattivo che si trova nelle rocce. L'unica possibile ubicazione delle rocce su Titano è collocata sotto all'oceano sotterraneo di idrocarburi e alla crosta di ghiaccio. Poiché l'emivita del potassio-40 è di 1,3 miliardi di anni, molto meno dell'età di Titano, l'analisi di questo isotopo in atmosfera fornisce dati importanti sulla storia del criovulcanismo di questo satellite. Nella foto la regione chiamata Sotra Facula ricostruita sulla base di dati raccolti dalla sonda Cassini durante i sorvoli di Titano.
Foto: © NASA/JPL-Caltech/USGS/Università dell'Arizona
L'analisi della composizione della nebbia di Titano. Fino alla discesa di Huygens, nessuno poteva sapere con certezza se la foschia che avvolge Titano arrivasse o meno fino alla sua superficie (di fatto è così, ha confermato il lander). Il Radiometro Spettrale di Huygens (DISR) ha individuato anche le differenze nella composizione della nebbia alle diverse quote, mostrando che questa assume un colore più chiaro e una composizione più grossolana avvicinandosi alla superficie, e che si dissipa - non del tutto - solo a 30 km di altezza. Nella foto, 6 immagini stereografiche riprese da Huygens durante la sua discesa mostrano la nebbia su Titano a diverse altezze.
La misurazione della composizione chimica degli aerosol. L'analisi di due campioni di particelle atmosferiche prelevati su Titano a 130-135 e 20-25 km di quota ha dimostrato che i maggiori costituenti dei suoi aerosol sono azoto e carbonio a entrambe le altitudini. Queste sostanze hanno probabilmente origine nella parte alta dell'atmosfera del satellite, dove la luce solare altera fotochimicamente i gas come il metano. Nell'infografica, come gli aerosol formano la nebbia di Titano.
Foto: © ESA / ATG medialab
L'osservazione di fiumi e laghi prosciugati. Nascosta da una fitta coperta di nebbia, la superficie di Titano è rimasta misteriosa fino a che lo strumento Descent Imager/Spectral Radiometer (DISR) di Huygens non ha registrato le sue prime, spettacolari immagini durante la discesa. Le riprese hanno rivelato un altopiano solcato da un gran numero di canali, a loro volta convergenti in letti simili a quelli dei fiumi terrestri, con valli scoscese e canyon profondi fino a 100 m. A loro volta, i fiumi sembrano confluire in una vasta distesa scura, periodicamente inondata di metano liquido ed etano. Al momento dell'atterraggio, la regione scura appariva tuttavia come il letto vuoto di un gigantesco lago. Un video a volo d'uccello sui laghi di Titano (guarda) . Nella foto, la più bella immagine ripresa da Huygens al suolo.
Foto: © ESA/NASA/JPL/ University of Arizona
L'ipotesi della presenza di un oceano sotterraneo. Uno strumento di Huygens deputato alla rilevazione di segnali radio a frequenza estremamente bassa (risonanze di Schumann) ricollegabili a fulmini atmosferici ha individuato un dato interessante. Sebbene su Titano non si osservino fulmini simili a quelli terrestri, l'altimetro di Huygens ha individuato segnali anomali a un'altezza compresa tra i 140 e i 40 km dalla superficie del satellite. Per spiegarli, gli scienziati hanno ipotizzato che l'atmosfera del satellite si comporti come un gigantesco circuito elettrico, in cui i due poli sono, da un lato, le correnti ionosferiche di Titano eccitate dalla magnetosfera di Saturno; dall'altro, un grande oceano di acqua e ammoniaca sommerso sotto a 55-80 km a una crosta di ghiacci. Onde sui mari di Titano?
Foto: © A. D. Fortes/UCL/STFC
La scoperta di dune che "scompaiono" dai radar. Con grande sorpresa, i tecnici di missione della Nasa hanno incontrato molte difficoltà nel localizzare il sito di atterraggio di Huygens sulle mappe radar fornite da Cassini. Questo perché il sito di atterraggio del lander si è rivelato essere una distesa di ghiacci coperta da depositi di materiale organico (cioè a base di carbonio) invisibile ai radar. La localizzazione di Huygens è stata possibile grazie alla presenza di due grandi dune scure a circa 30 km dal sito, visibili a tutti gli strumenti. Le dune sono formate forse da particelle di nitrile e idrocarburi simili a granelli di sabbia, delle dimensioni di 100-300 micron. Titano: un mondo ghiacciato ma molto dinamico . Nella foto, il luogo dell'atterraggio della sonda ricostruito con un mosaico di diverse immagini.
Foto: © ESA/NASA/JPL-Caltech/ University of Arizona/USGS
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Sulle orme di Marco Polo , il nostro viaggiatore più illustre che 700 anni fa dedicò un terzo della sua vita all’esplorazione e alla conoscenza dell’Oriente, in un’esperienza straordinaria che poi condivise con tutto il mondo attraverso "Il Milione". E ancora: un film da Oscar ci fa riscoprire la figura di Rudolf Höss , il comandante di Auschwitz che viveva tranquillo e felice con la sua famiglia proprio accanto al muro del Lager; le legge e le norme che nei secoli hanno vessato le donne; 100 anni fa nasceva Franco Basaglia , lo psichiatra che "liberò" i malati rinchiusi nei manicomi.
Che cosa c’era "prima"? Il Big Bang è stato sempre considerato l’inizio dell’universo, ma ora si ritiene che il "nulla" precedente fosse un vuoto in veloce espansione. Inoltre, come si evacua un aereo in caso di emergenza? Il training necessario e gli accorgimenti tecnici; che effetto fa alla psiche il cambiamento climatico ? Genera ansia ai giovani; esiste la distinzione tra sesso e genere tra gli animali? In alcune specie sì. Con quali tecniche un edificio può resistere a scosse devastanti? Siamo andati nei laboratori a prova di terremoti .
Voyager telefona a casa. Ripresi i contatti con la storica sonda Nasa
Ai confini del Sistema solare, a 20 miliardi di km, un comando sbagliato aveva cambiato il suo puntamento. Ma si percepiva comunque il suo “battito” ed è stata riorientata. Un prodigio della tecnologia che ancora stupisce dopo 46 anni nello spazio
C’è qualcosa di straordinario nel modo in cui, 46 anni dopo essere stata lanciata, le comunicazioni con la Voyager 2 , la più vecchia (quasi antica, ormai) sonda spaziale ancora attiva, sono state riprese evitando così mesi di silenzio radio. Un prodigio tecnologico anche nel sistema, pensato oltre 50 anni fa, che le permette di non recidere mai il cordone radio che la mantiene in contatto con noi.
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